Elliot Cole : Percussion music
Ensemble Blow Up Percussion

All music by Elliot Cole

Tracks :

A Song
Postlude 5
Postlude 7
Postlude 3
Postlude 4
Postlude 6
Postlude 1
Postlude 2
Postlude 8
Paths
Bells
Beehive
Bellwether
Facets

1 CD EMA Vinci Records

EMA Vinci Record
Produced by Tommaso Cancellieri at Abbey Rocchi Studio, Roma
Mastered by Joseph Branciforte
Art by Hannah Devereux

Registrato (e transmesso) il 23 giugno 2020, Abbey Rocchi Studio, Roma

Una novità discografica che emerge grazie al fertile incontro fra l'Ensemble Blow Up Percussion, un gruppo di percussionisti e Elliot Cole, un compositore statunitense. Giovani gli interpreti, giovane l’autore, e ricco di nuove prospettive l’orizzonte che ne sorge. L’universo delle percussioni esibisce in questo CD una gamma straordinaria di risorse espressive, al di là di moduli e schemi usuali. Non per niente l’autore, Elliot Cole, è recensito tanto nelle pagine di musica classica del New York Times, quanto nel periodico giovanile Rolling Stone, che nella cultura americana è per la musica un importante motore promozionale.

Flavio Tanzi, Alessandro Di Giulio, Pietro Pompei, Aurelio Scudetti : quattro protagonisti di una recente uscita discografica. Sono i componenti del quartetto Blow Up Percussion, formatosi a Roma nel 2012. Un ensemble di percussionisti da sempre impegnato a proporre un catalogo di pagine moderne e contemporanee, in una vocazione interpretativa di alta qualità. Tanto che il gruppo può già vantare un nutrito curriculum di presenze in manifestazioni importanti. E, oltre a frequentare un repertorio di classici del Novecento, è destinatario di varie novità firmate da compositori d’oggi. Esecuzioni inedite, quindi, ma anche incursioni nel teatro musicale, nell’elettronica, nel minimalismo, e nel territorio delle nuove sonorità. Un ensemble aperto agli orizzonti sonori del nostro tempo, insomma, che si distingue per la scelta di frequentare territorî di raccordo tra musica cólta e suggestioni pop (www.blowup-percussion.com).

Lo dimostra il nuovo disco, da poco apparso con il titolo Elliot Cole : Percussion Music, creato appunto da Blow Up Percussion. Disco concepito come un album monografico, con un’evidente continuità fra le varie tracce, un po’ alla maniera della musica leggera. Elliot Cole è un giovane compositore americano (è nato nel 1984), già largamente eseguito ovunque. Diversi suoi lavori sono rivolti al mondo delle percussioni, ma anche la musica elettronica lo vede attivo. Al centro dei suoi interessi è inoltre la vocalità, data la sua esperienza di cantore nel coro dell’Università di Princeton, vòlto al Rinascimento inglese, e in altri gruppi impegnati in repertorî particolari. Per questa sua capacità di aggirarsi sui confini di territorî differenti, le pagine musicali del New York Times lo hanno definito un “carismatico bardo contemporaneo”. Significativa è anche l’attività didattica di Elliot Cole a New York, tra l’altro in una sezione della Juilliard School, così come nel progetto sociale Musicambia che, sull’esempio del Sistema venezuelano creato da Antonio Abreu, promuove l’insegnamento della musica ai detenuti di Sing Sing. Cole ha coronato i suoi studi musicali laureandosi nella Rice University, e si sta addottorando in quella di Princeton.

Dalla sua costituzione, l’attività dell’ensemble Blow Up Percussion ha via via guadagnato l’attenzione di affermati compositori. E infatti, nella sua tensione innovativa, fin dal 2014 il gruppo ha proposto, per primo in Europa, i Postludes di Elliot Cole, oggi divenuto il titolo più noto di quest’autore, essendo ormai eseguito da oltre 250 ensemble nei cinque continenti. Raccogliendo le musiche per ensemble di percussioni create da Elliot Cole, il disco Elliot Cole : Percussion Music documenta come il suo universo sonoro sfugga a etichette e generi consacrati, e come assorba invece differenti realtà della musica d’oggi. In questo CD emerge infatti una percussività decisamente lontana da canoni e linguaggi tradizionali. E ormai è dimostrato che, quando si vuole trascendere i consueti modelli stilistici, la versatilità delle percussioni permette di alimentare una ricca tavolozza di suggestioni e ricerche, timbriche e coloristiche. Già la traccia iniziale, A Song, nella sua intelaiatura da band evoca una dimensione da musica leggera. Soltanto che, al posto delle chitarre, si alternano vibrafoni, marimbe e crotali in una marcata pluralità armonica, mentre è la batteria a garantire la persistente presenza ritmica che sorregge tutto l’impianto.

Certamente iconico è il titolo che segue, Postludes, che costituisce il lavoro finora più noto e fortunato di Cole nel campo delle percussioni, come s’è detto. È una serie di otto pezzi brevi, autentici quadretti dalle linee tenui e trascoloranti. Sono destinati al vibrafono, suonato però da ciascun esecutore alternando le dita e due archetti, sfregati sul bordo delle lamine. Prende così corpo un’originalissima partitura che, da un brano all’altro, produce un suono ultraterreno, aurorale. L’effetto ricorda molto da vicino quello del theremin, il più antico strumento musicale elettronico, inventato negli anni venti del Novecento. All’impiego degli archi si alterna il tocco delle mani sui tasti metallici, con sonorità più percussive, ma sempre su oniriche linee contrappuntistiche, di morbida tenuità. E non è tutto. Altra singolarità è data dalla compresenza dei quattro esecutori, due per lato, attorno a un unico vibrafono, che essi suonano in contemporanea. Si moltiplicano così le interazioni che è possibile ricavare da un solo strumento, grazie all’attentissimo coordinamento dei quattro interpreti. E questa compresenza, tutto sommato, impone anche una fisicità esecutiva che ben contrappesa l’impalpabilità dell’esito sonoro.

A destarci dalla dimensione eterea dei Postludes provvede subito la serie dei quattro pezzi successivi, Paths, Bells, Beehive, Bellwether, creati espressamente per il gruppo, al quale sono dedicati. Qui passiamo in tutt’altra atmosfera. Clima percussivo e ritmo ritornano in primo piano. I quattro esecutori, impegnati ognuno con un cajón e due crotali, plasticamente ne ricavano esiti da un lato più consueti, ma dall’altro più personali e proprî, in quanto l’essenzialità dello strumentario li ispira a praticare itinerarî incisivi e contrastati dai contorni atavici, quasi primordiali. Il titolo conclusivo del disco, Facets, nella sua carrellata (è il più lungo nel CD) percorre ampiamente le possibilità del mondo percussivo quanto a risorse esecutive e organico coinvolto, in una traiettoria di perlustrazioni armoniche e timbriche tese a dilatare i binari usuali.

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Francesco Arturo Saponaro
Francesco Arturo Saponaro ha esercitato a lungo l’attività di docente in Storia della musica, e di direttore in Conservatorio. Da sempre mantiene un’attenta presenza nel campo del giornalismo musicale. Scrive su Amadeus, su Classic Voice, sui giornali on line Wanderer Site e Succede Oggi. Ha scritto anche per altre testate : Il Giornale della Musica, Liberal, Reporter, Syrinx, I Fiati. Ha collaborato per molti anni con la RAI per le tre reti radiofoniche, conducendo innumerevoli programmi musicali, nonché in televisione per RaiUno e TG1 in rubriche musicali.

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