Jacques Offenbach (1819–1880)
Les Contes d'Hoffmann (1881)
(Edizione Choudens con aggiunte dall'edizione Oeser)

Direttore | Pinchas Steinberg
Maestro del Coro | Gea Garatti Ansini
Regia |  Jean-Louis Grinda
Scene e luci | Laurent Castaingt
Costumi | David Belugou

Olympia, una bambola automa, Maria Grazia Schiavo(17, 19, 22 e 24 marzo)/ Daniela Cappiello(23 marzo)
Antonia, una cantante, Nino Machaidze (17, 19, 22 e 24 marzo) / Federica Vitali       (23 marzo)
Giulietta, una cortigiana, Josè Maria Lo Monaco
Stella, una cantante, Michela Antenucci
Hoffmann, poeta, John Osborn (17, 19, 22 e 24 marzo) / Eric Fennell(23 marzo)
Lindorf, consigliere municipale / Coppélius, inventore/ Dr. Miracle, medico / Dapertutto, stregone,
Alex Esposito(17,19, 22 e 24 marzo) / Fabrizio Beggi (23 marzo)
Nicklausse, amico di Hoffmann / La Muse Annalisa Stroppa (17, 19, 22 e 24 marzo) /
Laura Verrecchia (23 marzo)
Andrès, servo di Stella / Cochenille, aiutante di Spalanzani / Frantz, servo di Crespel / Pittichinaccio, spasimante di Giulietta, Orlando Polidoro
Crespel, liutaio e padre di Antonia, Roberto Abbondanza
Spalanzani, inventore, Enrico Cossutta
Hermann / Schlémil, Fabio Zagarella
Nathanaël, studente, Pasquale Scircoli
Luther, Italo Proferisce (17, 19 e 23 marzo) / Enrico Di Geronimo (22 e 24 marzo)
La mère d'Antonia, Federica Giansant

Orchestra, Coro e Balletto del Teatro di San Carlo
Produzione Opéra de Montecarlo

domenica 17 marzo 2019, ore 19.00
martedì 19 marzo 2019, ore 20.00  – venerdì 22 marzo 2019, ore 20.00
sabato 23 marzo 2019, ore 19.00 – domenica 24 marzo 2019, ore 17.00

 

Napoli, Teatro San Carlo, dal 17 marzo al 24 marzo

Les Contes d’Hoffmann l’opéra-fantastique di Jacques Offenbach – nel 2019 ricorrono i duecento anni della sua nascita – su libretto di Jules Barbier (dal dramma omonimo dello stesso Barbier e di Michel Carrè) e ispirato ai racconti di E.T.A. Hoffmann sarà il prossimo titolo che il Teatro di San Carlo presenta dal 17 al 24 marzo in un allestimento dell’Opera di Montecarlo, regia di Jean-Louis Grinda.

Pinchas Steinberg (Direttore)

Foto di prova, a destra John Osborn

Torna sulle scene del Teatro San Carlo di Napoli Les Contes d’Hoffmann di Jacques Offenbach. Mancava sul palcoscenico napoletano da giugno 1997 con Giuseppe Sabatini protagonista, dirigeva l’ottantaduenne Peter Maag. Il maestro svizzero, allora quarantenne, aveva portato l’opera al San Carlo per la prima volta a febbraio 1960, Antonia era una giovanissima Mirella Freni, Agostino Lazzari il poeta Hoffmann e Sesto Bruscantini interpretava le parti diaboliche. Due anni dopo in scena un balletto con le musiche di Gaité Parisienne, l’anno seguente Orphèe aux enfers, poi riproposto nel 1989. Insomma si può dire che Offenbach al teatro massimo napoletano non ha molta popolarità ; questa riproposta è decisamente un’occasione imperdibile per scoprire o riascoltare l’opera più complessa e controversa di Offenbach, anche perché il cast di questa produzione del Teatro di San Carlo è di altissimo livello.

Offenbach era popolarissimo in Francia per il suo repertorio di operette, sempre grandi successi nei teatri. Tedesco di Offenbach sul Meno, aveva adottato il nome della sua città quando si era trasferito in Francia e si convertì anche alla religione cattolica, lui di famiglia ebraica. Violoncellista all’Opera Comique scriverà studi e duetti per il suo strumento prediletto ; comporrà musica per la danza. Dal 1850 al ’55 era direttore d’orchestra alla Comédie-Française senza smettere mai di scrivere musica. Nel 1855 affittò la sala Marigny agli Champs-Elysées e la trasformò nei Bouffes-Parisiens. Operette, parodie, brevi componimenti di un atto. Un lavoro incessante, si racconta che avesse fatto installare un leggio nella carrozza così da non perdere tempo e poter continuare a scrivere anche quando si spostava da un punto all’altro di Parigi.

Ma il suo cruccio era non riuscire a scrivere un’opera seria, in particolare dopo aver visto al Théatre de l’Odeon a marzo del 1851 una pièce di Jules Barbier e Michel Carré tratta da scritti di E.T.A.Hoffmann  popolarissimo al tempo, Les Contes d’Hoffmann appunto. Vero emblema del fantastico.

Anni difficili arrivarono, a seguito della disfatta della Francia a Sedan nella guerra contro la Prussia ; il crollo del secondo Impero di Napoleone III e la nascita della Repubblica videro Offenbach in cattiva luce. I gusti dei Francesi erano mutati e lui se ne andò negli Stati Uniti con le sue operette. Grandissimo successo e incassi da capogiro.

Al suo ritorno in Francia nel 1872 scoprì che Barbier aveva adattato la pièce in libretto d’opera per un altro compositore Salomon. Questi cedette, non si sa come, il libretto al suo popolarissimo collega.

Iniziò un lungo e complesso lavoro che segnerà la vita di Offenbach, senza alcun dubbio. Componeva con tranquillità, senza ansia ma con una dedizione inconsueta e accanita. Scriveva a sua moglie Herminie nella primavera del 1879 :

“…sono solo, assolutamente solo…ho lavorato tutto il giorno ai miei Contes. Barbier è venuto e gli ho fatto sentire diverse cose dello spartito. Ha pianto e mi ha abbracciato…”

A maggio dello stesso anno, in un concerto privato, presentò il tanto sudato ultimo lavoro. Il poeta Hoffmann era cantato da un baritono e le parti per le quattro donne amate dal poeta erano scritte in modo diverso.

Piacque a tutti i sovrintendenti dei teatri parigini. La prima si sarebbe tenuta sicuramente a Parigi.

Ma la morte arrivò improvvisa ad ottobre del 1880 e la partitura non era ultimata. E lo spartito ? Ernest Guiraud, autore dei recitativi di Carmen di Bizet, fu incaricato di ordinare i manoscritti e orchestrare la musica del povero Offenbach. Un po’arbitrariamente sostituì i parlati con recitativi, cancellò l’atto di Giulietta ed alcune musiche furono utilizzate come sottofondo. In pratica una riscrittura.

Alla prima il dieci febbraio 1881 il successo fu clamoroso. Agli inizi del 1900 si cominciò a pensare di ridare autenticità all’opera incompiuta del musicista franco-tedesco. Si completarono cinque stesure pubblicate da Choudens.

Nel 1976 Antonio de Almeida, cultore di Offenbach, riuscì ad ottenere dagli eredi manoscritti dell’opera e le parti strumentali eseguite in casa Offenbach nel mitico concerto privato. Da lì partì una vera e propria impresa filologica quella di Fritz Oeser, spesso però contestata. Nel 1984 ad un’asta di Sotheby, a Londra, furono vendute altre 350 pagine manoscritte, alcune per canto e pianoforte, altre per la partitura riguardo all’ultimo atto. L’editore Schott incaricò Michael Kaye di rimettere ordine in queste carte ritrovate per una nuova edizione de Les Contes d’Hoffmann.
Pero alcuni anni fa sono stati ritrovati altri pezzi della partitura di Offenbach e Jean-Christophe Keck, che cura l'OEK (Offenbach Edition Keck) ha proposto un'edizione de Les Contes d’Hoffmann completamente diversa, più cupa, senza pezzi diventati pezzi simbolo dell'opera.

Per ora finisce qui la lunga e travagliata vicenda dei ritrovamenti della partitura incompiuta.

Foto di prova

 

Abbiamo chiesto a  Jean Louis Grinda, che dirige il Théatre de l’Opèra de Montecarlo, di raccontarci la sua regia di un’opera complessa come quella di Offenbach.

AC Questa regia di Les Contes d'Hoffmann lei l'aveva creata nel 2010 per l'Opera di Montecarlo ; nella Salle Garnier non si vedeva da oltre 20 anni. Anche a Napoli è stata rappresentata per la prima volta nel 1960, poi nel 1997. Un'impresa complessa mettere in scena l'ultimo lavoro di Offenbach ? Quali le difficoltà ?

JLG Effettivamente è un’opera complessa perché sono in scena molti elementi differenti tra loro. Per prima cosa la vicenda non è semplice da seguire, si svolge in tre atti ciascuno con le proprie particolarità sia musicalmente che drammaturgicamente ; questi poi sono preceduti da un prologo piuttosto lungo nel quale vengono presentati i personaggi, senza tuttavia definire con precisione i ruoli e la distribuzione è davvero numerosa e in più gli interventi del coro sono determinanti. In breve, è un gran lavoro per tutti quanti.

AC Qual è l'idea portante della sua regia ? l'azione si svolge tutta nella taverna di Luther ?

JLG Ho pensato che, per far comprendere bene l’intreccio, dovevo trattare l’opera come un “viaggio immobile” ciò che è in realtà e che spesso viene dimenticato. Hoffmann racconta le sue avventure nella taverna di Maître Luther. Il suo pubblico è perciò presente per tutta lo svolgimento della storia. E così il vero pubblico, quello del teatro condivide la stessa esperienza.

AC L'opera è incompiuta, Offenbach morì prima di terminarla. Poi molti sono intervenuti per completarla e dare una forma definitiva a questo lavoro. A quale edizione vi siete rifatti per questa regia ?

JLG Per prima cosa bisogna chiarire che, in realtà, non esiste alcuna forma definitiva di quest’opera. E’ proprio questa caratteristica allo stesso tempo una debolezza ma anche una forza, poiché tutti musicologi, direttori d’orchestra, registi possono contribuire anche con la loro visione alla rappresentazione di un’opera che non ha mai avuto una struttura definitiva. L’edizione che abbiamo scelto è quella di Choudens (primo editore della versione completa) con in aggiunta le parti più interessanti e stimolanti della versione Oeser, in particolare per l’epilogo il cui finale, interpretato dalla Musa e poi ripreso dai solisti e dal coro, è di una meraviglia senza eguali. D’altro canto, questo finale consolida la coerenza dell’intento drammaturgico poiché l’opera inizia con la Musa che racconta il perché della sua trasformazione in Nicklausse.

AC Lo scorso anno a Montecarlo avete ripreso l'opera con un debuttante di lusso nella parte di Hoffmann, Juan Diego Florez. Qui al San Carlo c’è il tenore John Osborne, una certezza. Le quattro donne da lui amate erano cantate da un’unica interprete Olga Peretyatko, così come voleva il compositore. A Napoli le protagoniste femminili sono 4 diverse cantanti, cambia qualcosa per la regia ?

JLG No, tecnicamente no. per la regia. Avere quattro diverse donne come protagoniste modifica però il senso generale del ruolo della donna in questa edizione ; va detto che quando l’interprete è un’artista soltanto questa incarna appieno l’eterno femminino. 

AC E il poeta Hoffman come lo ha immaginato ?

JLG Hoffmann è un poeta che rifiuta di incarnare la sua condizione di artista per paura di ciò che questo dono potrebbe rilevargli di lui stesso e del mondo. La consapevolezza di essere un artista gli fa molta paura ! Così si rifugia, a corpo morto, nell’amore per le donne che gli dona oblio e può così sfuggire al suo destino. La Musa, trasformata in Nicklausse, è impegnata a fargli ritrovare la sua vocazione. Lei parteggia decisamente per il Diavolo, sin dal Prologo, è per questo che allontana definitivamente gli amori incontrati da Hoffmann lungo il cammino. In effetti l’opera racconta la sua lenta discesa agli inferi poi la rinascita così come poeta. E’ una sorta di parabola sul talento…

AC Immagino che la Salle Garnier del Teatro di Montecarlo sia più piccola di quella del San Carlo. E’ dovuto intervenire con modifiche alla regia, alla scena, ai movimenti degli interpreti e del coro ?

JLG Nulla è stato modificato cosicché, tecnicamente, tutto si ritrova ampliato con naturalezza. Il lavoro sulle luci certamente permetterà di circoscrivere con intensità e poeticamente tutti gli spazi.

Jean-Louis Grinda (regista) con Pinchas Steinberg

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