La Scuola de' gelosi (1778)
dramma giocoso in due atti su libretto di
Caterino Mazzolà
musica di Antonio Salieri
prima rappresentazione in tempi moderni

 

Trascrizione dall’Autografo a cura di Jacopo Cacco e Giovanni Battista Rigon

 

direttore Giovanni Battista Rigon
regia di Italo Nunziata
scene di Andrea Belli
costumi di Valeria Donata Bettella
disegno luci di Marco Giusti
orchestra I Virtuosi Italiani

Personaggi ed interpreti

Conte Bandiera, tenore           Patrick Kabongo
Contessa Bandiera, soprano   Francesca Longari
Blasio, baritono                         Benjamin Cho
Ernestina, soprano                   Eleonora Bellocci
Lumaca, baritono                     Qianming Dou
Carlotta, mezzosoprano          Ana Victoria Pitts
Il Tenente, tenore                    Manuel Amati

Spettacolo realizzato su iniziativa
d
i Fondazione Culturale Antonio Salieri di Legnago
con l’adesione di Fondazione Teatri delle Dolomiti di Belluno
in coproduzione tra Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, Teatro Ristori di Verona, Deputazione Teatrale Teatro Marrucino di Chieti, Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino,
la partecipazione di Accademia del Maggio Musicale Fiorentino ed il sostegno di Fondazione Cariverona.

 

A Jesi (Teatro Pergolesi)  11,13, 15 Gennaio 2017
A Firenze (Teatro Goldoni) 19, 21, 23, 25 marzo 2017

 

Teatro Salieri – Legnago, 11 Novembre 2016

Rappresentata per la prima volta al Teatro San Moisé di Venezia nel 1778, quest’opera comica ottenne subito un grande successo e si diffuse rapidamente in tutta Europa. Il libretto di Caterino Mazzolà fu probabilmente revisionato nel 1783 da Lorenzo Da Ponte per una seconda versione che andò in scena al Burgtheater di Vienna. La vicenda, al di là delle consuete, divertenti schermaglie amorose tra i protagonisti tipiche del melodramma giocoso, è interessante perché coinvolge personaggi di diversa estrazione sociale – aristocratici, borghesi e servitori, anticipando situazioni drammaturgiche che ritroveremo nella trilogia Mozart-Da Ponte.

La gloria di Antonio Salieri nel pubblico di oggi l’ha fatto il film Amadeus di Milos Forman con esiti molto negativi, facendo di Salieri il primo della classe della Scuola de’ gelosi, geloso di Mozart che va fino al crimine : l’opposizione con Mozart è un cliché assai tenace che ha anche fatto nascere opera liriche quali Mozart e Salieri di Rimskij-Korsakov.
Gli ultimi anni hanno visto molte opere serie rinascere (a cominciar da l’Europa riconosciuta alla Scala nel 2004), meno opere buffe. Buona idea quindi che il Teatro Salieri di Legnago la sua città natale riprenda per la sua inaugurazione di stagione uno dei grandi successi della carriera di Salieri, La Scuola de’ Gelosi (Venezia, 1778), rappresentata in tutta Europa con notevole successo.
Parecchi teatri hanno deciso di coprodurre questo spettacolo che per parecchi mesi andrà a Chieti, Belluno, Firenze (Teatro Goldoni), Jesi, Verona in una di queste operazioni culturali condivise che dà la possibilità a giovani (quelli dell’accademia del Maggio musicale fiorentino diretta da Gianni Tangucci) di confrontarsi con il palcoscenico in un’opera sconosciuta, che permette al pubblico di conoscere una parte ingiustamente sparita dal repertorio lirico.
Tale operazione necessita una produzione leggera assai che possa viaggiare, e permetta ai giovani di cantare 14 rappresentazioni, che non è poco nel contesto operistico italiano attuale.
La storia è semplice assai : onde far cessare l’insopportabile gelosia del suo marito Biasio, una donna onesta, Ernestina immagina un stratagemma per intrappolarlo. Ma “Partirono per suonare e vennero suonati”.
La regia è stata affidata a Italo Nunziata, che ama molto lo stile di queste opere buffe. Italo Nunziata ha voluto ambientare l’azione agli inizi del secolo XX, più o meno attorno al 1910, al momento del trionfo del vaudeville, ma un ambiente fantasioso, che ricorda il film d’animazione oppure racconti illustrati per bambini : un’ambiente distanziato che alleggerisce tutto quello che potrebbe essere convenzionale e atteso in questo tipo di opera.
Le scene (di Andrea Belli) sono panelli leggeri con elementi disegnati, che si muovono alla svelta, e cambiano velocemente ambienti.  I costumi di Valeria Donata Bettella molto colorati ricordano tessuti africani che fanno un bel effetto scenico.
Ma è la direzione degli attori che seduce soprattutto perché Italo Nunziata, che lavora spesso con giovani cantanti, è riuscito a dare alla compagnia di canto una grande sveltezza e molta naturalezza nei movimenti e atteggiamenti. Lavorare con giovani cantanti non è mai evidente, perché questi non hanno abbastanza mestiere per concentrarsi sulla regia, mantenendo un controllo sul canto : spesso l’arrivo del regista fa dimenticare le esigenze del canto, oppure la cura attenta al canto fa ostacolo ai movimenti e alla naturalezza dei comportamenti in scena. In particolare quando la compagnia di canto presenta cantanti da diversi orizzonti anche lontani, che non hanno sempre le nostre tradizioni teatrali.
Eppure il lavoro in questo caso è apparso molto omogeneo, un vero lavoro d’insieme, coerente e giusto, che rende giustizia all’opera e che permette agli artisti di essere a loro aggio, pienamente inseriti nella musica e nel dramma. Il ritmo è vivace, i gesti naturali, il movimenti molto efficaci grazie all’attenzione di Nunziata che accompagna i giovani i modo e rigoroso e caloroso, dando a tutti, anche ai meno sicuri, pienamente fiducia in se. Il risultato è che si passa una serata molto piacevole, e che fila il tempo senza accorgersene.
L’Italia dovrebbe moltiplicare questo tipo di iniziative, la sua scuola di canto, una delle primissime in Europa è attualmente in difficoltà per ragioni complesse dovute anche alla mancanza di interesse dello Stato per la cosa artistica.
Dal punto di vista musicale, bisogna salutare la prestazione dell’orchestra « I virtuosi Italiani » riunita per l’occasione, piccola formazione cameristica leggera, impegnata, diretta « golosamente » da Giovanni Battista Rigon, specializzato nella musica da camera , e nelle riprese moderne di opere sconosciute  settecentesche, che ama tuffarsi nel lavoro di riprese “archeologiche”  . E’ l’autore, con Jacopo Cacco, della trascrizione del manoscritto originale di Salieri per la ripresa al Burgtheater di 1783, conservato a Vienna. La sua direzione vivace, frizzante, ritmata, con un vero impulso interno, il suo modo attento nel seguire i cantanti e nell’aiutarli, la produzione di un suono che preannuncia in un certo modo Rossini, tutto garantisce un bel livello d’insieme e fa giustizia ad un’opera, che senza essere un capolavoro, dà una bella idea dei modi e degli standard di allora.

La storia è basata sull’opposizione di due coppie, gli aristocratici Conte e Contessa Bandiera, il cui marito è stanco della monotonia del matrimonio con una moglie gelosa, e i borghesi arricchiti Biasio e Ernestina, marito geloso fino all’ossessione e moglie onesta decisa a punirlo della sua insopportabile gelosia, con interventi di un amico, il luogotenente e di una terza coppia, quella dei servitori Lumaca, valletto di Biasio e Carlotta di Ernestina : l’opera è un gioco d’inganni incrociati dove quelli che credono di ingannare vengono ingannati. In tale configurazione, ogni gioco è possibile, tra l’aristocratico leggero (Bandiera) e la donna virtuosa che si finge leggera (Ernestina) ad esempio. Il finale del primo atto è il risultato di una follia generale, dove tutti sorvegliano tutti sotto maschere diverse, in occasione di una passeggiata delirante in Fiera.
Nel secondo atto, sotto l’impulso del Luogotenente, amico del conte, si prova a rendere tutti gelosi, onde provare che l’amore finisce sempre per vincere nel gioco delle false confidenze e quello dell’amore senza caso. Quello esploderà in un insieme fatto dalla rabbia di tutti gelosi, ma luogotenente e Carlotta metteranno tutto in ordine. E’ il trionfo dell’amore.

La giovane compagnia è particolarmente omogenea, anche se il baritono Qianming Dou (che canta Lumaca) a qualche difficoltà a entrare nel ritmo e lo stile dell’opera, e se il luogotenente del tenore Manuel Amati rimane un po’ più pallido malgrado belle qualità musicali. Il coreano Byongick Cho (che canta Biasio) ha un bel timbro, caldo, e la voce ben impostata, ma non riesce a entrare nel personaggio e resta un’attore un po’ grezzo. Eleonora Bellocci invece è un’Ernestina vivace, con canto espressivo e già maturo, che fa del personaggio una specie di Alice Ford frizzante, come il mezzo soprano Ana Victoria Pitts, Carlotta naturale e giusta, con belle voce chiara tecnicamente pronta e molta personalità. La contessa Bandiera (l’altra gelosa) di Francesca Longari possiede un canto ben controllato, una vivacità frechissima e una sveltezza scenica notevole.
Il giovane tenore Patrice Kabongo ha forse più difficoltà nell'entrare in una trama che esige molta sveltezza linguistica, ma le sue qualità sono notevoli tanto a livello timbrico che tecnico, e la voce rimane sempre calda, rotonda, interessante.
Insomma non c’è nessuno in questa produzione che non sia all’altezza della sfida : i giovani sono valorizzati e difendono con garbo un’opera da riscoprire on tour per quattordici rappresentazioni, il che nel contesto attuale è eccezionale. Come già detto, iniziative di questo tipo dovrebbero essere moltiplicate in Italia e altrove, perché con spese contenute (e con l’aiuto della Fondazione della Cariverona) permettono la scoperta di un repertorio sconosciuto, portano l’opera dove non va spesso e contribuiscono alla formazione di giovani talenti. Ecco l’opera popolare (la sala era gremita) e autentico che aspettiamo. A Jesi a gennaio 2017 e Firenze a marzo 2017.

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