MACERATA OPERA FESTIVAL 2018
Sferisterio di Macerata
#verdesperanza

IL FLAUTO MAGICO
di Wolfgang Amadeus Mozart
Singspiel in due atti
Libretto di Emanuel Schikaneder
Versione italiana basata sulla traduzione poetica di Fedele d'Amico
Dialoghi di Graham Vick e Simone Pintor

Daniel Cohen direttore
Graham Vick regia
Stuart Nunn scene e costumi
Ron Howell movimenti mimici
Giuseppe Di Iorio luci

Giovanni Sala Tamino
Guido Loconsolo Papageno
Lucrezia Drei Prima Dama
Eleonora Cilli Seconda Dama
Adriana Di Paola Terza Dama
Tetiana Zhuravel Astrifiammante
Manuel Pierattelli Monostato
Valentina Mastrangelo Pamina
Ilenia Silvestrelli, Caterina Piergiacomi, Emanuele Saltari I tre Geni *
Marcell Bakonyi Oratore
Antonio Di Matteo Sarastro
Paola Leoci Papagena
Marco Miglietta Sacerdote / Armigero
Seung Pil Choi Armigero
Cittadini del Mondo Il Popolo

Orchestra Regionale delle Marche
Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”
Martino Faggiani Maestro del Coro
Massimo Fiocchi Malaspina Altro Maestro del Coro

* Pueri Cantores Zamberletti di Macerata (maestro Gian Luca Paolucci)

Coproduzione dell'Associazione Arena Sferisterio con il Palau de Les Arts Reina Sofia di Valencia

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L'ELISIR D'AMORE
di Gaetano Donizetti
Melodramma giocoso in due atti
Libretto di Felice Romani sul libretto di Eugène Scribe per Le philtre di Daniel-François-Esprit Auber

Francesco Lanzillotta direttore
Damiano Michieletto regia
Paolo Fantin scene
Silvia Aymonino costumi
Alessandro Carletti luci
Eleonora Gravagnola regista collaboratore

Mariangela Sicilia Adina
John Osborn Nemorino
Iurii Samoilov Belcore
Alex Esposito Dulcamara
Francesca Benitez Giannetta

Orchestra Regionale delle Marche
Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”
Martino Faggiani Maestro del Coro
Massimo Fiocchi Malaspina Altro Maestro del Coro

Allestimento del Palau de Les Arts Reina Sofia di Valencia e del Teatro Real di Madrid

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LA TRAVIATA
di Giuseppe Verdi
Melodramma in tre atti
Libretto di Francesco Maria Piave dal dramma La dame aux camélias di Alexadre Dumas figlio

Keri-Lynn Wilson direttore
Henning Brockhaus regia e luci
Josef Svoboda scene
Giancarlo Colis costumi
Valentina Escobar coreografie

Salome Jicia Violetta Valéry
Mariangela Martini Flora Bervoix
Marianna Mennitti Annina
Ivan Ayon Rivas Alfredo Germont
Luca Salsi Giorgio Germont
Silvano Paolillo Gastone
Lorenzo Grante Barone Douphol
Stefano Marchisio Marchese D'Obigny
Giacomo Medici Dottor Grenvil
Alessandro Pucci Giuseppe
Gianni Paci Domestico di Flora
Roberto Scandurra Commissionario

Orchestra Regionale delle Marche
Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”
Martino Faggiani Maestro del Coro
Massimo Fiocchi Malaspina Altro Maestro del Coro

Banda Salvadei complesso di palcoscenico

Allestimento dell'Associazione Arena Sferisterio

 

Macerata Opera Festival, Sferisterio di Macerata, 20,21,22 luglio 2018

Macerata Opera Festival 2018
Sferisterio di Macerata
#verdesperanza

Lo Sferisterio di Macerata ha inaugurato un triennio di Festival caratterizzati da colori legati a sentimenti : il verde e la speranza per il 2018 vedono quali titoli operistici Il flauto magico, L'elisir d'amore e La traviata, oltre a numerosi eventi collaterali nell'Arena e in altri spazi della città e del territorio. Verde speranza parte dall'idea di considerare arte e natura come elementi positivi per la valorizzazione di un territorio urbano, naturalistico e rurale, ancora più se colpito da una calamità quale il terremoto dell'ottobre di due anni fa. Dunque “verde” inteso come rinascita, giovinezza, crescita, natura e “speranza” inteso come il sentimento oggi necessario alla sopravvivenza. Elementi che, nell'idea della direttrice artistica Barbara Minghetti, si possono ritrovare nelle tre opere in cartellone.

IL FLAUTO MAGICO : il popolo dei cittadini del mondo

Il regista inglese Graham Vick ci ha da sempre abituato a spettacoli dal forte segno contemporaneo, messe in scena strettamente connesse a eventi del quotidiano in modo da far riflettere su quanto è accaduto o sta accadendo. Resta nella nostra recente memoria il suo “Stiffelio” visto al Teatro Farnese di Parma in occasione dello scorso Festival Verdi, spettacolo vincitore del Premio Abbiati.

Non si sottrae questo “Flauto magico” ed è una vera e propria sfida. In scena 100 cittadini del mondo, persone di varie professionalità, età ed etnie a rappresentare il “popolo”, sia nel senso dell'umanità tutta sia nel senso di una coralità che, alla maniera greca antica, interagisce con i protagonisti ed è, in qualche modo, motore della storia, proprio come il coro nelle tragedie classiche.
Il percorso iniziatico che Tamino compie nell'opera in questa edizione allo Sferisterio diventa un percorso non individuale ma collettivo : è il popolo che, attraverso le prove che Tamino accetta di compiere e supera, cresce e si libera dalle schiavitù dei giorni nostri : il dominio del denario, la supremazia della tecnologia e dei marchi internazionali, la obnubilazione delle fedi religiose che sconfina nell'intolleranza verso chi non le condivide.

La scena di Stuart Nunn contribuisce in modo determinante a rendere chiara l'intenzione registica. Al centro del palcoscenico campeggiano tre edifici : il grattacielo della Banca Centrale Europea a Francoforte (con il simbolo dell'Euro), un punto vendita della Apple (con il simbolo della “mela”), la chiesa di San Pietro in Vaticano (con il simbolo della croce sopra la cupola). I tre edifici nel finale si inclinano come a crollare in simultanea e Tamino, che ha finalmente superato le prove iniziatiche, si arrampica sopra di essi insieme a Pamina, tenendo in mano il flauto magico, in un finale di grande positività non solo per i protagonisti ma per i cittadini del mondo coinvolti e dunque per l'intera umanità, rappresentata peraltro anche dai coristi che simbolicamente vestono molte “divise”. I costumi, sempre di Stuart Nunn, connotano la contemporaneità della messa in scena e lasciano i protagonisti indistinti nella massa sul palcoscenico. Giuste le luci di Giuseppe Di Iorio, adeguati i movimenti mimici di Ron Howell, a testimoniare lunghe e accurate sessioni di prove.
Un cast di giovani, belle e adeguate voci ha piacevolmente sorpreso. Su tutti è spiccata la Pamina di Valentina Mastrangelo dalla voce ampia e ben sostenuta, capace di lunghe e armoniche arcate sonore, ma l'attenzione del pubblico è stata calamitata dal bel Papageno di Guido Loconsolo vestito da pollo, giusto phisique du role e voce dai caldi riverberi. Giovanni Sala è un Tamino che non si impone (per scelta registica) ma che perfettamente interpreta il ruolo richiesto e si delinea non come capo di un “popolo-gregge” bensì rappresentante di un popolo razionale e preparato alle sfide. Compiono vere acrobazie fisiche le tre dame, Lucrezia Drei, Eleonora Cilli e Adriana Di Paola, mentre le attese acrobazie vocali della Regina della notte sono state affidate a Tetiana Zhuravel, unica straniera del cast insieme all'Oratore di Marcell Bakonyi, entrambi promossi alla prova dell'italiano. Grandi  presenza scenica e voce per Antonio Di Matteo : il suo Sarastro è un moderno imbonitore, forse un poco manipolatore di folle in linea con l'interpretazione scelta da Vick e collaboratori, soprattutto Stefano Simone Pintor che ha contribuito con il regista alla scrittura dei dialoghi affidati ai Cittadini del mondo. A completare il cast la divertente Papagena di Paola Leoci, il Sacerdote di Marco Miglietta e l'Armigero di Seung Pil Choi. Il Coro lirico marchigiano è stato ben preparato da Martino Faggiani, coadiuvato da Massimo Fiocchi Malaspina. I tre Geni (Ilenia Silvestrelli, Caterina Piergiacomi ed Emanuele Saltari) provengono dalle fila dei Pueri Cantores Zamberletti preparati da Gian Luca Paolucci.

Daniel Cohen ben conduce l'Orchestra Regionale delle Marche : i tempi sono curati e il suono omogeneo e disteso, pur dovendo concentrare parte della sua attenzione al raccordo buca – palco, un poco complicato dal cantato in italiano. Questa è l'unica nota che ci ha lasciato dubbi, la scelta dell'italiano, difficile da evitare considerando la presenza e i dialoghi affidati ai Cittadini del Mondo, ma che ha forse diminuito la “magia” della rappresentazione.

Il pubblico ha seguito con attenzione tutta la recita per poi dividersi nel finale : applausi e fischi in egual misura ma occasione di confronto e di riflessione su temi fondamentali per il vivere in una comunità, coesione sociale che deve necessariamente essere improntata a modi civili e salvifici, colorati di verde speranza.

 

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L'ELISIR D'AMORE : regia magistrale e musica impeccabile

 

Il regista Damiano Michieletto è oramai considerato uno dei protagonisti dell'opera nel mondo e i suoi spettacoli hanno sempre il principale punto di interesse nella trasposizione temporale, in quanto le storie sono sempre ambientate nei giorni nostri. Non fa eccezione questo “Elisir d'amore” che si svolge su una spiaggia in epoca contemporanea. Tutto è estremamente credibile e la grande abilità del regista nel muovere cantanti, coristi, mimi e figuranti in numerose e vivaci controscene rende lo spettacolo molto divertente, calamita l'attenzione del pubblico che pure si commuove nel momento atteso della “furtiva lagrima”, qui peraltro bissata a furor di popolo.

Infatti a una regia magistrale, coadiuvata da perfetti apporti scenotecnici (le scene strepitose di Paolo Fantin, i costumi azzeccati di Silvia Aymonino, le luci giuste di Alessandro Carletti), corrisponde una impeccabile parte musicale.

Mariangela Sicilia è una Adina decisa e determinata, imprenditrice di un bar in spiaggia e capace di godersi la vita passando da un amore all'altro senza particolare coinvolgimento, fino a quando non si intenerisce per la gentilezza di Nemorino e se ne innamora perdutamente. Disinvolta in scena e vocalmente sicura, il soprano non teme le salite all'acuto e porge i versi con grande naturalezza. Accanto a lei domina la scena il Nemorino bagnino di John Osborn dalla perfetta dizione e dal verso scolpito ; la voce sale all'acuto salda e piena, trovando i risvolti sentimentali del ruolo che evolve di scena in scena fino a culminare nella romanza di cui il pubblico ha chiesto e ottenuto un bis che ha ulteriormente mostrato il valore straordinario del cantante, il tenore infatti non si è limitato a riproporre l'aria ma ne ha fornito una seconda interpretazione, diversa e più calcata sui toni sentimentali (e il pubblico è tutto dalla sua parte nella contesa per l'amata Adina). Iurii Samoilov ha le phisique du role per interpretare un aitante Belcore, spesso a torso nudo e in pantaloncini da mare ma non per questo non attento a ogni singola nota. Molto divertente e vocalmente impeccabile il Dulcamara di Alex Esposito che arriva in jeep accompagnato da cinque girls che propongono la bevanda magica energizzante in lattine cromate. Con loro la brava Giannetta di Francesca Benitez, cameriera nel “Bar Adina” e giusto raccordo tra la protagonista e gli altri personaggi. Ottima la prestazione, attoriale e vocale, del Coro Lirico Marchigiano preparato da Martino Faggiani con l'assistenza di Massimo Fiocchi Malaspina.

Francesco Lanzillotta, direttore musicale dello Sferisterio, dirige con mano precisa e rigoroso rispetto dei tempi e dei suoni. Ne guadagna la rappresentazione che si dipana senza sbavature e con estrema naturalezza.

Davvero uno spettacolo perfetto, possiamo dire uno dei migliori allestimenti di sempre,  non solo allo Sferisterio. Il pubblico ha applaudito moltissimo, sia a scena aperta, sia nel finale : un trionfo che merita il tutto esaurito a ogni successiva recita. Il verde speranza esaltato dal blu del mare.

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LA TRAVIATA : l'incanto di sempre

 

Torna allo Sferisterio la “Traviata dello specchio” che, dal debutto nel 1992, non ha mai smesso di incantare il pubblico di tutto il mondo, non solo maceratese, una emozione che si ripete ogni volta che lo specchio si alza a inizio rappresentazione, anche se non è la prima volta, al punto che gli spettatori applaudono ben tre volte la scenografia. Autore ne fu, oltre un quarto di secolo fa, il ceco Josef Svoboda, che ebbe la intuizione geniale di posizionare le scene a terra sul palcoscenico, grandi teli dipinti che si riflettono su un grande specchio inclinato di circa 60 gradi, che rimanda a un pubblico incantato le scene e i movimenti di cantanti e coristi.

Sfilando via via i vari “tappeti”, come a sfogliare pagine di una storia, scorrono le scene dei primi due atti ; nel terzo atto si specchiano le nude tavole del palcoscenico poi, nel finale, lo specchio si alza a 90 gradi e riflette il pubblico, che vede se stesso nel momento in cui Violetta muore, senza maschere, senza possibilità di nascondersi o di mentire. Una scena di grande significato e di profondo impatto, visivo ed emotivo. A una tale scenografia, raffinata e intelligente, si contrappongono i costumi di Giancarlo Colis, che forse troppo indugiano in veli e trasparenze. Adeguate le coreografie di Valentina Escobar e giuste le luci curate dal regista Henning Brockhaus. Sulla regia emergono oggi alcune perplessità, soprattutto dopo avere visto nello stesso festival due regie molto giocate sulla recitazione, come quelle di “Flauto magico” ed “Elisir d'amore”. Questa Traviata finisce col sapere, infatti, un po' di artificiale, di recitato, di non vero, impressione che pesa nell'impatto sul pubblico che pure peraltro apprezza : la tradizionalità dell'allestimento resta comunque un motivo valutato positivamente dal pubblico estivo dell'Arena.

Salome Jicia segue tutti i risvolti del ruolo del titolo e convince soprattutto per la resa emotiva. Accanto a lui non brilla ma neppure resta in ombra l'Alfredo di Ivan Ayon Rivas, ma il cast è sicuramente dominato dal Giorgio Germont di Luca Salsi, uno dei più grandi baritoni verdiani di questi tempi, eccellente nella musicalità del verso, voce piena e profonda, screziata di vellutate bruniture, in grado di rendere ogni risvolto del personaggio in modo umano e sentimentalmente ineccepibile. Luci e ombre tra i numerosi comprimari : se Mariangela Marini è una giusta Flora, Marianna Mennitti è parsa acerba come Annina ; Giacomo Medici è un credibile Dottor Grenvil, Silvano Paolillo un Gastone aspro ; giusti Stefano Marchisio (Marchese d'Obigny) e Lorenzo Grante (Barone Douphol); a completare il cast Alessandro Pucci (Giuseppe), Gianni Paci (Domestico di Flora) e Roberto Scandura (Commissionario).

Qualche perplessità ha destato la direzione di Keri-Lynn Wilson : i tempi sono parsi disomogenei e il suono non sempre del giusto impasto timbrico. Buona la prova del Coro Lirico Marchigiano preparato da Martino Faggiani con la collaborazione di Massimo Fiocchi Malaspina. Coinvolta anche la Banda Salvadei come complesso di palcoscenico. Un trionfo nel finale, applausi calorosi per tutti : una Traviata che mai manca di lasciare il segno sul pubblico. Quel verde speranza che lo specchio raddoppia e moltiplica.

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Francesco Rapaccioni
Giornalista pubblicista dal 1996, segue con grande passione il teatro in genere e prosa e lirica in particolare, recensendo spettacoli e concerti sia in Italia che all'estero per testate nazionali e locali. Da anni conduce trasmissioni radiofoniche culturali su circuiti nazionali e regionali. Legge e viaggia in modo compulsivo e, al tempo stesso, dirige un piccolo teatro a San Severino Marche, in provincia di Macerata. Dopo alcuni anni negli Stati Uniti, vive oggi stabilimente in Italia, nelle Marche, dove si occupa anche di promozione culturale e turistica del territorio. Ma sempre con uno sguardo attento e curioso a ciò che accade nel mondo.

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