Concerti, mostre, prosa, convegni nonché crociera fino a Venezia dal 5 maggio al 24 giugno, con (tra tanti) John Eliot Gardiner, English Baroque Soloists e Monteverdi Choir, Ottavio Dantone e l'Accademia Bizantina, oppure Leonardo Garcia Alarcon e la Capella Mediterranea, nonché Jordi Savall…

Festival di Cremona, 4 maggio-24 giugno

Dal 5/6 maggio (L’Orfeo al Teatro Ponchielli, Ottavio Dantone dirige l’Accademia Bizantina) al 24 giugno (John Eliot Gardiner dirige alla Cattedrale di Cremona English Baroque Soloists e Monteverdi Choir nel Vespro della Beata Vergine), passando per mostre, convegni e decine di concerti : così la città d’arte lombarda rende omaggio al Divino Claudio nel 450° anniversario della nascita.

Accademia Bizantina

Il 15 maggio del 1567, esattamente 450 anni fa, a Cremona, nella chiesa dei SS. Nazario e Celso, veniva battezzato Claudio Monteverdi, figlio di Baldassarre, cerusico, e di Maddalena Zignani. La ricorrenza è degnamente celebrata nella città lombarda, dove il “Divino Claudio”, oltre a nascere, fu allievo del grande madrigalista Marc’Antonio Ingegneri e cominciò a comporre. In seguito, Monteverdi avrebbe legato il suo nome eterno, indissolubilmente, ad altre due città : la Mantova dei Gonzaga, alla cui corte, nell’ultimo sabato di Carnevale del 1607, mise in scena L’Orfeo, il primo indiscusso capolavoro nella storia del teatro musicale, e la Venezia secentesca che vide nascere l’opera moderna, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita e scrisse L’incoronazione di Poppea, Il ritorno di Ulisse in  patria e altre opere purtroppo perdute (www.monteverdi450.it).

Le celebrazioni cremonesi sono già cominciate. Al Museo del Violino, tappa obbligata nella capitale mondiale della liuteria, resterà allestita fino al 23 luglio la mostra “Monteverdi e Caravaggio. Sonar stromenti e figurar la musica”: il Sonatore di liuto del pittore milanese, proveniente dalla galleria Whitfield di Londra, è l’icona di un’esposizione che vuole ricostruire con strumenti d’epoca l’orchestra che eseguì L’Orfeo a Mantova nel 1607. Altre mostre saranno “Cremona nel Seicento. A peste, a bello, a fame libera nos Domine” (10 ottobre-31 dicembre), “Genovesino. Natura e invenzione nella pittura del Seicento a Cremona” (6 ottobre‑6 gennaio 2018), e “Monteverdi tra Cremona, Mantova e Venezia” (20 aprile-31 dicembre). Non si può non dar conto, inoltre, del convegno musicologico internazionale che si terrà al Bibiena di Mantova il 9–10 giugno (“The making of a genius : Claudio Monteverdi from Cremona to Mantua”); ma è la musica il pilastro su cui si reggono le celebrazioni. Né poteva avrebbe potuto essere altrimenti.

Il Festival Monteverdi comincia venerdì 5 maggio (replica il 6), al Teatro Ponchielli di Cremona, con una nuova produzione di Orfeo, direttore Ottavio Dantone, e terminerà il 24 giugno ancora a Cremona, in Cattedrale, con John Eliot Gardiner, il Monteverdi Choir, gli English Baroque Soloists impegnati nella fastosità concertante del Vespro della Beata Vergine. In mezzo, decine di appuntamenti. Impossibile citarli tutti. Non si possono però non menzionare, almeno, i concerti dell’Omaggio Harnoncourt, con programmi bachiani (i Mottetti diretti da Eduardo Lopez Banzo il 14 maggio con i Vozes del Aire, i Concerti Brandeburghesi diretti da Fabio Bonizzoni alla testa dell’ensemble La Risonanza il 26 maggio, il fortepiano di Naruhiko Kawaguchi il 28 maggio), le marionette della Compagnia Carlo Colla e figli nel concerto dedicato al Combattimento di Tancredi e Clorinda e nel Ballo delle Ingrate il 27 maggio (Gianluca Capuano dirige Il Canto di Orfeo), il programma che il grande Jordi Savall intitola “Istanbul” e dedicherà a Dimitrie Cantemir e alla musica colta della corte ottomana del XVII secolo (20 maggio), l’antologia monteverdiana I sette peccati capitali affidata alla Cappella Mediterranea diretta da Leonardo Garcia Alarcon, la serata madrigalistica con il Concerto Italiano guidato da Rinaldo Alessandrini, che al cembalo eseguirà anche Kapsberger e quel capolavoro ipnotico che è Cento Partite sopra Passacagli (13 maggio). E terminiamo pure questo elenco incompleto con la “chicca” della crociera in motonave su Po e Mincio tra Cremona, Mantova e Venezia, con corollario di musica barocca a bordo e appuntamenti concertistici a terra (2 e 3 giugno).

Al centro di tutto, e sopra tutto, Orfeo, comunque. Il suo mito troverà almeno tre declinazioni. Quella dello storyteller Luca Scarlini, nella serata  “Il dolce potere delle corde”, un racconto del mito tra Rinascimento e Barocco (1 giugno). Oppure quella della musica contemporanea, qui in prima nazionale, della quarantenne romana Silvia Colasanti. Si tratta del melologo Variazioni su Orfeo (esegue l’ensemble Sentieri Selvaggi diretto da Carlo Boccadoro, voce recitante e drammaturgia di Valter Malosti, danza Michela Lucenti); da notare che la Colasanti, cavaliere della Repubblica dal 2013, in una recente intervista a “Il giornale” ha posto Monteverdi quale primo dei suoi compositori preferiti, e che la sua opera più rappresentata e celebre è Orpheus. Flebile queritur lyra, anch’esso un melologo, scritto per Maddalena Crippa.

E, infine, la declinazione decisiva de L’Orfeo che inaugura il festival. La regia è di Andrea Cigni, che si era già cimentato con l’opera monteverdiana a Cremona nel 2007. Nel cast, Orfeo è il tenore svizzero, ma di origine cilena, Emiliano Gonzalez Toro, e Euridice il soprano Anna Maria Sarra. Direttore, alla testa degli strumenti antichi dell’Accademia Bizantina, di cui è principale dal 1996, è Ottavio Dantone, classe 1960, pugliese di Cerignola ma milanese di studi. Dantone, cembalista di fama, ha rivelato in un’intervista al quotidiano svizzero “24heures” di avere un grande debito verso Emilia Fadini, con cui studiò al Conservatorio di Milano : « Mi ha trasmesso la passione per la retorica, per la relazione tra parola e musica », ha detto, spiegando così come la pioniera dello studio della musica antica in Italia abbia svolto un ruolo forse determinante nell’indirizzarlo verso il teatro musicale.

Dantone, che pochi mesi fa ha diretto un Orfeo a Losanna, si cimenta da lungo tempo, ormai, con Monteverdi. Diresse ai primi anni Duemila, per il circuito lirico lombardo, una trilogia (L’Orfeo, L’incoronazione di Poppea, Il ritorno di Ulisse in patria) elogiata dalla critica (vedi Angelo Foletto su “la Repubblica”, 1 dicembre 2003), distante dai modelli storici nord-europei della prassi esecutiva, insomma una via nostrana alla “prassi storica”, tesa a valorizzare la purezza dell’accento, della pronuncia e del fraseggio “italiani” quali strumenti essenziali per realizzare un corretto “recitar cantando”. Un modello che oggi si è imposto come vincente, come insegna anche il lavoro di un Rinaldo Alessandrini.

Ottavio Dantone
Sergio Rizza
Sergio Rizza, milanese, 48 anni, giornalista professionista, è caposervizio del quotidiano free press "Metro", dove lavora dal 2000. Ha seguito e segue, oltre ai maggiori fatti di cronaca e politica, le stagioni di musica concertistica e operistica di Milano e della Lombardia.

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