Exception reçue : sizeof(): Parameter must be an array or an object that implements Countable

Kirill Petrenko è venuto a Torino nel 2001 per Rosenkavalier sostituendo Sinopoli brutalmente sparito, poi nel 2013 per un programma Wagner che aveva colpito il pubblico. Torna per dirigere l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai nel programma stesso previsto coi Berliner questa primavera (Mozart Sinfonia n°35 Haffner. Ciaikovskij Sinfonia n° 6 patetica)
Kirill Petrenko non dirige tanto spesso, una decina di concerti, e le opere previste nel programma della Staatsoper di Monaco il cui è tutt’ora il GMD (Direttore Generale della Musica), un po’ più di 30 serate all’anno. Lavora però in continuazione e studia le partiture con incredibile approfondimento : i suoi programmi non sono molto variegati : l’anno scorso ha diretto con la sua orchestra la Scozzese di Mendelssohn e Das Lied von der Erde, che ha ripetuto con i Wiener qualche settimana dopo.  Durante questa stagione, Petrenko fa di Ciaikovskij il compositore della suo anno : dopo aver proposto la quinta sinfonia in tour con la sua orchestra, esegue la sesta con l’Orchestra della Rai e i Berliner Philharmoniker in fine primavera,  a Berlino e poi a Baden-Baden.
Pochi concerti, pochi programmi, niente media ne stampa : cosi funziona Kirill Petrenko. Al momento della sua elezione a Berlino certi hanno emesso dubbi sul suo repertorio, perché è stato dall’inizio della carriera un grandissimo direttore d’opera ma meno conosciuto per il repertorio sinfonico ; eppure ogni volta che dirige un concerto sinfonico, esplode il pubblico : fu il caso durante tutta la tournée della Bayerische Staatsorchester, fu il caso con i Wiener, ed è stato cosi a Torino con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai.

Osservare Petrenko sul podio è affascinante assai perché bisogna sempre guardare anche come lo seguono i musicisti : Petrenko sembra avere una relazione diretta con ogni professore dell’orchestra, con gesti precisi, multipli anche : ha l’occhio dappertutto, usa la mano sinistra, il viso, il corpo…e sorride quasi sempre. Ha la fama di ottenere cose impossibili.

E l’altro venerdì, si leggeva la fascinazione sui visi dei musicisti, quando non suonavano e che, semplicemente ,lo guardavano. Fatto sta che l’orchestra ha suonato in modo incredibile, eccezionale, con un impegno notevole e un suono pieno, rotondo, preciso : a dir poco entusiasmante.
Perché tutto il concerto è stato un momento eccezionale che ha scatenato il pubblico torinese, in piedi, sconvolto.
La sinfonia Haffner di Mozart, la n°35, una delle sinfonie più popolari di Mozart, la prima delle sue ultime sinfonie, è una trasformazione della serenata Haffner scritta l’anno precedente : fin dall’andante iniziale, si capisce che il Mozart di Petrenko è classico, ma acuto e drammatico (il primo accordo!), cioè, mette al centro una certa tensione, lontano dalla graziosa eleganza un po’ noiosa. In medias res, questo Mozart cura i contrasti, ma senza sacrificare alle mode odierne (ripresa del ritornello ad esempio). L’andante lineare, ritenuto, lascia un’impressione di malinconia leggera, mai marcata. La differenza con l’allegro si nota, senza mai esagerare, perché è un modo di eseguire la musica in piena semplicità : Petrenko non è mai sopra le righe, non fa stile per lo stile, lavora sul colore, sugli equilibri, dando all’orchestra segni incredibilmente precisi qualsiasi sia il ritmo e il tempo. Cura molto tra l’altro i silenzi dentro ciascun movimento, mettendo in scena una certa drammaticità che fa si che la gioia non è mai totale ne esplosiva. Il minuetto (terzo movimento) è molto emblematico : la musica respira tra tensione e dolcezza, con suoni emergenti mai pesanti, con silenzi più o meno marcati, che danno un ritmo singolare all’insieme e con accordi finale sempre in sospensione. L’ultimo movimento stordisce dalla velocità degli archi legata alla scansione dei timpani e questo scambio costruisce l’insieme e diventa una cosa allucinante ma pur sempre precisa e di una grande limpidezza. Chiarezza e nitidezza sono caratteri che corrono su tutta la sinfonia, con un colore molto variegato, polimorfico e con un’unità forte malgrado tutto, e una coerenza nella semplicità che stupisce assai. Un Mozart classico – che ricorda il modo in cui aveva fatto La Clemenza di Tito qualche anno fa a Monaco di Baviera – ma dove ogni dettaglio viene curato e reso con una rara giustezza e dove la tecnicità dell’orchestra viene messa a dura prova, ma con magnifico esito : l’organico assai ridotto (la metà circa del Ciaikovskij) non impedisce un suono chiaro, rotondo e sontuoso e un’esecuzione perfetta.
Se questo Mozart era straordinario, la Patetica di Ciaikovskij è stato d’altro ordine, diremmo stratosferico : e questo fin’dal primo accordo : ha saputo istallare immediatamente un’ambiente tesissimo, lacerante, che nello stesso momento stringe il cuore, come una rivolta interna trattenuta, compressa, oppressa, che non aspetta altro che l’esplosione : stupisce in particolare il fagotto iniziale (Andrea Corsi) meraviglioso, cupo e molto teso. Colpiscono l’incredibile chiarezza e la scoperta di frasi mai sentite, l’approccio limpido e semplicemente la messa in dramma di questa musica talmente conosciuta e però mai sentita cosi. Questo è un Ciaikovskij straziante e umano con slanci degli archi e impeto incredibile del dialogo archi / ottoni. Il finale del primo tempo che si spegne con pizzicati degli archi in sordina e il corale degli ottoni crea una tensione malinconica notevole. Petrenko cura i contrasti, fin dall’ primo tempo cominciato cupo e poi esplodendo, con una dinamica incredibile, tenendo tutta l’orchestra con suoni precisissimi : questi primi momenti già giganteschi danno un’idea della tensione che ha messo nel pubblico, che dopo il terzo movimento – fenomenale dove l’orchestra viene portata a incandescenza – non può raffrenare un inizio di applauso.

Tre ambienti diversi legati tra di loro da una tristezza rabbiosa assai : il secondo tempo fatto di questo ritmo danzante 5/4, che evoca il Valzer e un mondo non superficiale ma pacato,) un momento di apparenza leggerezza non lontano dall’effetto voluto da Berlioz nella Symphonie Fantastique (Un bal), in realtà una trappola perché dietro la linea cantabile c’è sempre urgenza, che si legge nei ritmi degli strumenti meno esposti, nei silenzi intermediari, nelle note in sospensione, il tutto sostenuto produce una limpidezza incredibile che fa     sentire sistemi di eco, contrasti leggeri tra melodia principale e tutto quello che è nascosto, in particolare nella parte finale, con fiati malinconici che si spengono in pianissimo.
Come già detto il terzo movimento è un momento di estrema tensione, con una potenza sonora inaudita. I lunghi silenzi tra in movimenti aumentano gli effetti : quello dell’oboe leggero ripreso dagli ottoni ad esempio : il ritmo crescendo potrebbe sembrare confuso, invece la chiarezza dell’insieme rafforza l’impressione di tensione e di rabbia. Una marcia inarrestabile dove volume sonoro e ritmo, nonché dinamica e velocità, contrasti e rotture, esplodono in un fuoco d’artificio virtuosissimo con un’orchestra trasfigurata. Un momento incredibile, quasi unico, mai sentito con quell’intensità.
Di colpo l’accordo iniziale del quarto movimento suona già disperato dopo l’esplosione inaudita del terzo : il lungo silenzio tra terzo e quarto prepara il cambiamento, gli archi suonano con respiro, con quel pathos che ci vuole, ma senza strafare : clarinetto e fagotto fanno meraviglie, con echi tra archi e fiati che danno un’impressione molto forte, lacerante ; Tutta la disperazione va portata dal fagotto splendido dell’orchestra. Petrenko sa dosare i silenzi tra i diversi momenti (in tutta la sinfonia i silenzi hanno una importanza particolare), sa anche dosare ogni crescendo, un volume forte senza essere assordante, che crea una tensione inaudita, accelerando il ritmo, e modulando ogni accordo con una precisione incredibile. L’orchestra, in questo quarto tempo, naviga tra le stelle, con miracoloso equilibrio tra le diverse parti che suonano con colore diverso : il fuoco dominava il terzo movimento, la brace domina il quarto, mettendo i cuori a nudo e facendo venire le lacrime. Raramente Ciaikovskij venne suonato cosi, rabbia e lamento mescolandosi, creando una disperazione cosi profonda, cupa, con quel calore ciò nonostante che sconvolge. Il sentimento patetico non ha bisogno di essere sottolineato : basta la musica e basta seguire come si spegne il tutto in un silenzio pesante, prima che scoppiasse la sala.

Un concerto cosi fa parte dei concerti della vita.

Autres articles

1 COMMENTAIRE

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire !
S'il vous plaît entrez votre nom ici